Culture a confronto

Elisa, volontaria in Ciad, scrive:
Il tema della differenza culturale è molto complesso. Per la mia breve esperienza in Ciad, lo definirei un terreno scivoloso sul quale è facile cadere se non si trovano le parole giuste. Non aggiungerò ulteriori commenti per dire che ciascun popolo della Terra ha sviluppato il proprio modo di vivere. Il mio intento è quello di tracciare un piccolo sentiero sul quale camminare insieme a persone di un’altra cultura e proporre un esercizio interculturale che ha una sola regola principale: proviamo ad allenare lo sguardo a trovare le cose che ci accomunano o a dare un senso alle differenze, invece di soffermarci sugli aspetti che ci rendono diversi dalle persone nate e cresciute in altri luoghi.

Nel concreto potremmo riflettere in questi termini: che differenza fa se qualcuno mangia con la forchetta e qualcun altro con le mani? Entrambi si stanno nutrendo. Se in Italia piace tanto la pasta e in Ciad vanno matti per la boule? Ognuno hai i suoi gusti. Perché dovremmo sottolineare che i canti e le danze sono specifici ad ogni etnia? Quello che conta è che ognuna di loro mostri la gioia con il corpo. Perché ci sembra che i lunghi silenzi durante una conversazione siano imbarazzanti? Possono essere considerati parte integrante dello scambio e fonte di ispirazione per chi sta formulando i suoi pensieri.
I volontari dell’ACCRI vivono la diversità giorno per giorno e sono chiamati a sviluppare le loro strategie per stare bene là dove la differenza culturale è molto marcata. Mi sono accorta che alcune persone del Ciad hanno elaborato dei preconcetti sull’Europa e che hanno uniformizzato i ruoli delle persone bianche [ndr. la presenza di questa espressione è basata sul suo utilizzo locale] sulla base degli incontri con europei e nordamericani. Questi preconcetti passano dal pensare che la vegetazione sia la stessa in Ciad ed in Europa, che anche in Europa esistano la stagione secca e la stagione delle piogge, che in Europa siano tutti ricchi e felici; passa dall’immaginare che i codici di comportamento della donna europea siano gli stessi della donna africana. Infine, esiste la credenza che tutti i bianchi in Africa siano preti e suore.

Per permettere ai volontari di entrare in una cultura diversa, gestire la diversità e proporre un approccio professionale specifico, l’ACCRI fornisce loro una serie di strumenti e metodologie. Ecco alcuni spunti.
È importante osservare senza dare giudizi: tutti i comportamenti sono legati ad una causa profonda, bisogna provare a cercarla e in ogni caso a mettersi in una posizione di ascolto.
È necessario un processo di decostruzione che permetta di liberare la mente dai pregiudizi: tutto diventa più facile se non si sottolineano le differenze, ma si dà valore alle cose che uniscono persone di culture diverse.
Il linguaggio gioca un ruolo molto importante. Le parole vanno scelte con cura e con la consapevolezza che a volte i messaggi possono essere fraintesi: meglio non dare per scontato che la nostra capacità di comprendere le situazioni sia infallibile.
Non bisogna aver paura di chiedere: fare domande aiuta a fugare i dubbi, dimostra interesse e permette di imparare cose inimmaginate.
La presenza dei volontari nelle diverse parti del mondo è un’opportunità per decostruire luoghi comuni perché la conoscenza spinge a concepire che il mio non è l’unico stile di vita possibile. È anche un’occasione di condivisione perché l’esempio concreto e i racconti di come si vive in un’altra parte del mondo possono creare degli spiragli nell’immaginario ed aprire nuovi orizzonti di pensiero.
A volte le persone del Ciad ci chiedono dell’Italia e, visto che Martina è nata in Abruzzo ed io in Trentino, iniziamo spesso dicendo che anche in Italia ci sono molte differenze, per esempio tra il nord e il sud. Un amico mi ha chiesto se, come in Ciad, la maggioranza dei musulmani vivesse nel nord Italia. Gli ho spiegato che la divisione demografica del nostro Paese non è comparabile a quella del Ciad anche perché non c’è una separazione della popolazione in base alla religione.
La differenza culturale può essere fonte di episodi divertenti: succede, ad esempio, quando trasportiamo dei pacchi in mano e le donne del Ciad ci invitano a portarli sulla testa (cosa molto difficile se l’allenamento non è iniziato da bambini); succede quando qualcuno si ferma davanti a casa per venderci un pollo vivo e rimane sconcertato quando si sente rispondere che noi non sappiamo né tirargli il collo, né spennarlo.
Ci sono giorni in cui penso che la radice profonda della mia missione qui sia dimostrare che io sono una persona normale, che non sono una superdonna e soprattutto che ho bisogno dell’aiuto delle persone del Ciad per vivere nella loro comunità.

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